“Lu principe licche”

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Presentazione della traduzione in vernacolo sulmontino de “Il piccolo principe” – Sulmona, 14 gennaio 2023 – Auditorium del Vescovado

Riportiamo l’introduzione della presidente del RC Sulmona, Franca Colella: “Sono onorata come presidente del Rotary Sulmona di presenziare a questa serata. Il Rotary ha nel proprio stemma una ruota, perché ogni anno ci si avvicenda alla presidenza in una successione continua dove chi subentra porta a compimento i progetti in essere e ne avvia di nuovi. Il Rotary è un club di servizio che si basa sui valori dell’amicizia e della collaborazione tra soci, al servizio dell’interesse generale. Il piccolo Principe fa parte di quel particolare segmento della letteratura detto: PER RAGAZZI. Se un libro, ma possiamo dire questo di una qualsiasi opera d’arte, parla a tutti, a livelli diversi naturalmente, allora non è per questa o per quella età o per questa o quella generazione, è davvero per tutti. Per quale ragione un libro come questo è uno dei più letti e dei più tradotti al mondo? 

Semplicemente perché ha raggiunto il suo scopo: essere il paradigma che sottende a tutti gli aspetti importanti della vita umana, a volte per aspetti positivi, finalmente da scoprire e fare propri, a volte per additare aspetti negativi che una società che si affida solo al mercato, ha prodotto. È appena il caso di ricordare cosa dice Il Piccolo Principe a proposito della perdita dell’amicizia, proprio perché non si compra al mercato. Chiamare amicizia un rapporto legato da reciproci interessi materiali, è la negazione del sentimento stesso, è il baratro della solitudine. In questo senso tutti gli incontri che il Piccolo Principe fa, sono una allegoria della società e si pongono sempre come una lezione di educazione sentimentale. «Non si vede bene che con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi».

Franca Colella, presidente RC Sulmona

È la volpe ad insegnare al Piccolo Principe come nella vita ciò che è materiale non ha importanza, perché importanti sono l’Amicizia e l’Amore e non il possesso delle cose. Come arrivare a “guardare col cuore” quando siamo abituati a guardare solo con gli occhi e con gli occhi abbagliati dai lustrini delle vetrine? È semplice: tornando bambini, cercare di riacquistare l’innocenza che ci faceva discernere il bene dal male solo con il sentimento, l’amore per le cose e le persone davvero importanti.Sembra una cosa banale ed è invece, o dovrebbe essere, il cardine intorno al quale deve ruotare l’intera esistenza, pena ritrovarsi nel deserto del cuore inaridito.Che meraviglioso messaggio quello della semplicità e della umiltà che spesso vengono confuse colpevolmente con la banalità e la remissività.

Si legge nel libro: ‘Gli uomini coltivano 5000 rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano… e tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po’ d’acqua. Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore!’ Allora il Piccolo Principe diventa un libro, per così dire, a ritroso, va letto dai grandi per ripensare la propria vita lì dove le allegorie proposte, li pongono davanti alle proprie responsabilità: quelle di comprendere e apprezzare il mondo in modo del tutto diverso, nel caso ricostruirlo secondo la lezione sulla natura del vero amore, come insegna il Piccolo Principe.Infatti una delle frasi più significative recita: È una follia odiare tutte le rose perché una spina ti ha punto, abbandonare tutti i sogni perché uno di loro non si è realizzato, rinunciare a tutti i tentativi perché uno è fallito. È una follia condannare tutte le amicizie perché una ti ha tradito, non credere in nessun amore solo perché uno di loro è stato infedele, buttate via tutte le possibilità di essere felici solo perché qualcosa non è andato per il verso giusto. Ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio.

C’è ancora da chiedersi dunque per quale ragione questo libro ha avuto tanta fortuna? Cosa chiediamo in fondo agli scrittori? Agli artisti in generale, in un mondo che si caratterizza sempre di più per le tragedie che accadono da tutte le parti? Chiediamo una via d’uscita, l’indicazione di una possibilità al di là del limite che ci sembra invalicabile e insostenibile.Ed è ciò che il Piccolo Principe fa…E se tutto questo non bastasse ancora, ecco che affiora nel libro addirittura la ragione del perché siamo qui noi questa sera. Mi spiego: il desiderio di tornare a casa è un altro motivo di interesse del libro, tornare a casa vuol dire riappropriarsi del proprio mondo, delle proprie radici e riscoprire chi davvero si è. Il Piccolo principe lascia il suo pianeta perché non gli sta più bene la vanità della rosa, unica rosa dalla quale si era sempre preso cura. Ma quando è lontano non smette di pensare a quanto sono importanti l’uno per l’altro. Quando vede il giardino di rose, che sembrano proprio come il suo fiore speciale, prova una strana malinconia.Il mondo di fuori, per quanto pieno di opportunità non è il suo. Non è il nostro ciò che è fuori dal luogo che ci appartiene e il luogo che ci appartiene si caratterizza anche per la lingua, il dialetto: lo strumento che quelle malinconie, quel desiderio, invera più che qualsiasi lingua che appartenga a tutti.Tutte le metafore del Piccolo Principe, i consigli, la morale infine, tradotti nel dialetto del nostro luogo, ci appartengono di più, se così si può dire, li facciamo nostri e magari ci crediamo di piùPer questo all’operazione fatta da Antonio Del Beato con la traduzione del Piccolo Principe, va il plauso e il ringraziamento di tutti noi. Per questo il Rotary, fedele ai propri principi volti alla promozione dell’amicizia tra i soci, a servizio dell’interesse generale ha ritenuto di operare, proprio “nell’interesse generale” della nostra collettività di Sulmona, promuovendo la traduzione nel nostro dialetto di uno dei libri più popolari nel mondo.

Dopo, ha preso la parola lo studioso Fabio Valerio Maiorano, che ha ricordato che Il piccolo Principe è il terzo libro più letto al mondo, dopo la Bibbia e il Corano. parlato delle difficoltà delle traduzione, perfino nel titolo che, in vernacolo sulmontino diventa ‘Lu Principe Licche’, con la trasposizione dell’attributo licche (piccolo) dopo il nome; difficoltà anche grafiche, perché, a differenza di altri dialetti italiani che hanno  scrittori di riferimento e un’ampia letteratura che stabilisce la forma grafica, il ‘sulmontino’ non ne ha quasi. Maiorano ha poi parlato del problema dei vernacoli che si vanno lentamente perdendo, perché gran parte delle espressioni caratteristiche, dei vocaboli, vengono sempre più spesso italianizzate. Di qui la necessità di mantenere la nostra ‘lingua’ come patrimonio storico-culturale.

Fabio valerio Maiorano
Antonio Del Beato Corvi

Infine si è avuto l’intervento dell’autore-traduttore de ‘il Piccolo Principe’, che ha brevissimamente parlato della soddisfazione che gli ha apportato questa sua gioiosa fatica e ha ricordato della sua esperienza in Romania, dove ha portato l’acqua di Sulmona (gelidi uberrimus undis, come dice Ovidio della natia Sulmona) davanti al monumento di Ovidio a Costanza, l’antica Tomi, gemello di quello di Sulmona. Ha poi letto alcune sue poesie, sempre in dialetto. Alla fine un breve dibattito sui vernacoli in Italia e il loro stato di saluti. Pubblico numeroso  e attento. Dopo la presentazione, ci siamo ritrovati per la ‘conviviale’, presso il ristorante ‘Clemente’ di Sulmona.

La conviviale presso il ristorante ‘Clemente’ di Sulmona. Alla destra di Franca Colella, il vescovo, S.E. Mons. Michele Fusco.